Tanti like dimostrano la qualità delle tue parole? Se stai pensando “sì”: complimenti, sei un coglione.
La risposta giusta è: una gloriosa ceppa.
In questo post parleremo di consapevolezza for dummies, o se preferite di consapevolezza applicata alle pubblicazioni su facebook.
Fateci caso: la ricerca spasmodica del like sta rovinando i nostri newsfeed nello stesso modo in cui ha rovinato i palinsesti delle tv che hanno deciso di mettersi all’inseguimento ingordo dello share con reality e porcate di bassa lega.
Il motivo è quantomai banale: viviamo in una nazione di fottuti analfabeti del cazzo che non capiscono una beneamata sega di quello che leggono, ammesso che lo leggano, e reagiscono con entusiasmo alle peggio stronzate di pancia. Il numero dei like, sarete d’accordo con me, può essere indice di tante cose ma non è strettamente legato alla qualità di ciò che pubblichiamo.
Lo sappiamo tutti.
Intercettare un sentire nazionalpopolare, un luogo comune, un codice comprensibile a molti produrrà un’infinità di like e condivisioni, cosa che di rado accadrà pubblicando una riflessione acuta e ragionata, magari più lunga di 9 righe. Probabilmente alcuni di voi si ritroveranno a pensare che no, non è così. Che io dei like me ne frego. Eppure il contatore degli insights, il numeretto rosso delle notifiche, la brama di engagement si insinuano come la voce di una sirena anche nelle vostre orecchie e inconsapevolmente ci cambiano e ci consigliano di pubblicare non per l’esigenza di dire qualcosa ma col preciso scopo di inseguire dei “mipiace”.
Vi risparmio l’allungo del brodo e tutto il blablabla corollario. Quello che voglio dire all’interno di questo pallosissimo post moralizzatore è: fate attenzione quando misurate il successo delle vostre parole. Riflettete sul perché, più che sul quanto. Non fatevi incantare dai numeri, chiedetevi sempre: per chi sto pubblicando? Per me o per la bagassa del pifferaio magico?
Non vendete l’anima al dio pollice.
Grazie.
Sono uno che si dimentica tutto.
uno che si è dimenticato cosa significa andare dal parrucchiere.
Sono uno che ride da solo.
Sono uno che non piange da solo.
Sono uno che odia le cose preconfezionate.
Sono uno a cui piace smontare le cose.
Sono uno a cui piace anche rimontarle, le cose.
Sono uno a cui non piacciono i dolci, ma la panna montata sì.
Sono un montato, come la panna, ma ho superato i 33 anni, quindi sono rancido.
Sono uno che non si entusiasma mai, oppure che si entusiasma troppo.
Sono uno a cui piace conoscere la gente rotta.
Sono uno che si rompe in fretta della gente che non ha dubbi.
Sono uno a cui piace il silenzio senza gli imbarazzi del silenzio.
Sono uno a cui piace ascoltare il fondo del mare.
Sono uno a cui piace guardare il fondo del bicchiere.
Sono uno a cui piace toccare il fondo.
Risalire, anche risalire mi piace, ma per arrivare alla cima ci sono molte strade, e io sono ancora fermo all’incrocio.