Ci sono momenti e luoghi che si possono descrivere solo così.
Col silenzio.
Il cervello si apre e i pensieri scorrono, muti anche loro.
Sovrappensiero.
Così si chiama.
Sovrappensiero è una parola che a fermarcisi ha qualcosa di magico, come iperuranio o ultrasuoni. Sovrappensiero è più in alto del pensiero, a guardare cose più nobili, a guardarle da lontano, senza troppa né poca emozione: a volte è proprio a questo che serve il silenzio, a volte invece è solo noia e scimmie che si spulciano. D’altra parte non c’è un modo giusto o un modo sbagliato, col proprio silenzio ognuno è libero di fare ciò che vuole.
Io però non sono più libero: un acufene qualche anno fa è venuto a farmi visita e me l’ha tolto per sempre. Era il 9 giugno ’08. A me piaceva molto il silenzio. E mi sono sempre piaciute le persone che non si trovano a disagio quando c’è, e non fanno sentire te, a disagio.
Io, il silenzio, non lo posso più sentire: sento un fiiiiiiiiiiiiiiii a 8000 hertz. Ventiquattrorealgiorno.
Ma voi fortunati, voi che potete sentirlo, ricordatevi della sua esistenza. Voi che avete sempre un’opinione che ci si mette più tempo a dirla che a formarla, voi che sul social network pubblicate a raffica qualsiasi cosa, voi che scegliete di non scegliere perché l’importante è fare rumore, voi che urlate e ululate pubblicando foto di cani squartati, gatti impiccati, bambini bruciati e uomini mutilati, vecchi uccisi e umiliati. Voi che fate girare catene di sant’Antonio, appelli strappalacrime di bambini malati che ora (ammesso che esistano) sono maggiorenni, rinunciate a quel secondo in cui vi sentite migliori per restituire loro la dignità di un rispettoso silenzio.
Non è col volume che si riesce a dar voce alla propria anima. Non mi interessa il vostro senso di colpa da placare, non mi interessa che non capiate che la libertà di parola ha la stessa importanza dell’opportunità di stare zitti o crediate di non far danno ripetendo tutto a voce alta come pappagalli decerebrati.
Voi che avete paura di ascoltare il silenzio dentro la vostra testa fermatevi a oliare gli ingranaggi e fate ripartire il tic tac.
Cercate di capire con gli occhi aperti anche se vi viene più facile credere ad occhi chiusi.
Cercate di essere qualcosa prima di voler manifestare a tutti i costi la vostra impellente esigenza di apparire.
Cercate di ascoltare, di ascoltarvi. Smettete di correre e cliccare a vuoto e imparate a scegliere quando è il momento di parlare. Nessuno ci ascolterà più, nessuno ci capirà o vorrà capirci se pensiamo di avere sempre il diritto di urlare: l’unica cosa che produrremo sarà una versione sporca del silenzio. L’unica cosa che otterremo sarà generare assuefazione e indifferenza: come il mio acufene, che dopo un po’, anche se c’è sempre, smetti di sentirlo.
Sono uno che si dimentica tutto.
uno che si è dimenticato cosa significa andare dal parrucchiere.
Sono uno che ride da solo.
Sono uno che non piange da solo.
Sono uno che odia le cose preconfezionate.
Sono uno a cui piace smontare le cose.
Sono uno a cui piace anche rimontarle, le cose.
Sono uno a cui non piacciono i dolci, ma la panna montata sì.
Sono un montato, come la panna, ma ho superato i 33 anni, quindi sono rancido.
Sono uno che non si entusiasma mai, oppure che si entusiasma troppo.
Sono uno a cui piace conoscere la gente rotta.
Sono uno che si rompe in fretta della gente che non ha dubbi.
Sono uno a cui piace il silenzio senza gli imbarazzi del silenzio.
Sono uno a cui piace ascoltare il fondo del mare.
Sono uno a cui piace guardare il fondo del bicchiere.
Sono uno a cui piace toccare il fondo.
Risalire, anche risalire mi piace, ma per arrivare alla cima ci sono molte strade, e io sono ancora fermo all’incrocio.
interessante
Non posso che concordare in pieno con te. A costo di sembrare snob, pateticamente sloggato dal mondo e per niente update, mi son circondato di silenzio più che posso. Ho smesso di usare i social network nel momento in cui mi son reso conto che la gente ne fa un uso deleterio invadendo la vita degli altri per affermare la propria. Ignoranza a raffica su tutto, aggressività inquietante, polemiche di nessuna utilità e soprattutto una saturazione delle informazioni inutili a scapito di quelle realmente interessanti. Il valore del silenzio è importante sia mediatico virtuale che nel quotidiano reale.