Ho visto un film ma forse era meglio di no.
The gunman parla di uno che sta in Congo un po’ per una missione umanitaria un po’ per fare cose losche.
Sta con una che fa solo cose umanitarie e quindi, quando gli tocca fare cose più che altro losche, tipo uccidere un politico, dopo è costretto a sparire dalla circolazione, dandosi per morto, e lei si mette con uno più losco ancora e soprattutto più grasso. Poi inizia il film.
Lui è Sean Penn, lei Jasmine Trinca, l’altro lui ciccione è Javier Bardem. Ogni tanto appare Idris Elba.
Jasmine Trinca recita in tre lingue e fa schifo in tutte. Non è che non sia brava, in Italia, e non è tanto la pronuncia a disturbarmi quando recita in inglese – parla pure in francese e in spagnolo, nel film, ma meno – ma è proprio l’interpretazione delle frasi che manca totalmente.
Bisogna tuttavia riconoscerle che, a differenza di quasi tutti gli attori italiani dentro i film americani, lei non muore nei primi quindici minuti, arriva anzi fino alla fine. Indenne e abbastanza inutile.
Riesce altresì, Jasmine, a realizzare in un solo film molti dei miei desideri: dormire con Sean Penn e poi dormire con Javier Bardem… se il film fosse durato di più – cosa che grazie al cielo ci è stata risparmiata – magari avrebbe dormito anche con Idris Elba, diventando per me un’assoluta eroina.
Bardem, come ormai sempre negli ultimi film, è morbidello e secondo me i tempi sono maturi perché possa interpretare Maradona in un film a caso a lui dedicato.
A sottolineare la cubatura importante di Bardem – Javier, ti amo lo stesso – è la costante nudità dei Penn – Sean, ti amo, sono nuda anch’io – che per metà del film sta senza maglietta e, topos dei topos dei fighi scanzonati, ovviamente c’ha pure la scena in cui corre a torso nudo e col surf sotto braccio, mi ha fatto un po’ tristezza – ma lo amo lo stesso.
Il cattivo del film, una pellicola di due ore, si capisce al venticinquesimo minuto, non uno prima non uno dopo.
Riassumendo: ricerca del cattivone; dubbio che il più losco di tutti sia un altro; rappresaglia del cattivo vero e dei suoi scagnozzi. In mezzo mille luoghi comuni col protagonista che torna mentre lei intanto era felice con l’altro e rimane molto turbata dal saperlo vivo. Il turbamento che dura cinque minuti e dopo scopano. Poi inseguimenti e pistole, pistole e inseguimenti.
Mi credevo figa ad averci pensato ma in effetti è una cosa che si capisce ancor prima di quando si individua il cattivo e infatti l’hanno detta tutti: Sean Penn voleva stare nudo e voleva fare Rambo.
C’è la scusa della guerra in un paese a caso in cui gli americani intervengono ancora più a caso; c’è il senza maglietta; ci sono pistole che appaiono al momento opportuno tipo Quake; praticamente non esistono dialoghi.
Sean Penn è stato molte volte un soldato al cinema. Su tutte, la mia occasione preferita era Vittime di guerra, in cui era un bastardone che ammazzava civili e si scopava ragazzine indifese mentre Michael J Fox si sentiva in colpa.
Qui Sean fa quello buono che vuole fare ammenda per comportamenti immorali nel paese a caso del caso. Diciamo che il risultato lascia a desiderare, specie in un film d’azione che culmina in Spagna, durante la corrida, dove a eliminare il cattivo ci pensa il toro.
Una combo noir azione di cui potevamo fare a meno; dove lo stesso risultato si ottiene una volta alla settimana in soli quaranta minuti di The blacklist che, sia chiaro, si guarda solo perché c’è James Spader mica per il valore artistico, però ecco almeno è scritta meglio e non punta su attori agée fisicamente fortissimi manco fossimo in Cocoon.
Scusa Sean, scusa ma ti chiamo Rambo.
Ho studiato storia dell’arte per il solo gusto di correggere i refusi sui libri. Cucino e mangio molto. Scrivo, perché parlare ininterrottamente non mi bastava.
Ho anche un blog di cucina coerente, La Luisona e la Madeleine.