Cagliari è un ricettacolo di persone deficienti. Lo sport nazionale (Cagliari no est Sardinia, e Sardinia no est Itaglia) è trovare sempre un modo o un motivo per storcere il naso davanti al prossimo. Purtroppo a causa di una sorta di effetto calamita repulsiva non riesco a stare molto a contatto con la Cagliari “bene”, ma ogni qualvolta mi si presenta l’occasione non posso far altro che rimanere fulminato.
A 15 anni pensi che prima o poi gli passerà, che crescendo si renderanno conto che un barbour e le hogan non ti rendono migliore o diverso dagli altri, (se non per quel discutibile aroma di grasso di foca) ed effettivamente è così, crescendo si rendono conto che esistono anche altre marche più costose e che il barbour è passato di moda. Parlo con persone che sono costrette ad indossare una divisa per lavoro ogni santo giorno ed impazziscono, perchè sono costrette ad uniformarsi, ma poi vedo persone che pagano per poter avere una divisa e che storcono il naso se la somma dei prezzi degli abiti di chi hanno di fronte non supera lo stipendio medio di un operaio. Innegabile e lodevole che tale stirpe abbia sviluppato tale capacità di calcolo istantaneo, ma sinceramente non capisco. Non capisco perché ad ogni cambio di stagione tutti debbano correre a rinnovare il guardaroba perché la moda ha deciso così. Ma la moda a Londra non era la gente a farla? E non è per strada che si vanno a ispirare gli stilisti gay poco creativi? E noi? Noi Cagliari. Noi schiavi. Noi pecore, si, pecore, come ci dicono nel resto di Italia. Che non è Sardegna. Poi ti volti, guardi agli antipodi, a quelli “che se ne fregano”. E invece no. perché, colpo di scena, nemmeno quelli vestiti “spiritosi”, che secondo legge “abito fa monaco” dovrebbero essere gioiosi come clown con pantaloni a scacchi e casuali colori arlecchini riescono a guardare oltre. Perchè poi li senti additare allo stesso modo quelli che li criticano per lo stesso motivo. Evviva il pregiudizio. Di cui poi son schiavo io stesso parlandone in questi termini.
Sono uno che si dimentica tutto.
uno che si è dimenticato cosa significa andare dal parrucchiere.
Sono uno che ride da solo.
Sono uno che non piange da solo.
Sono uno che odia le cose preconfezionate.
Sono uno a cui piace smontare le cose.
Sono uno a cui piace anche rimontarle, le cose.
Sono uno a cui non piacciono i dolci, ma la panna montata sì.
Sono un montato, come la panna, ma ho superato i 33 anni, quindi sono rancido.
Sono uno che non si entusiasma mai, oppure che si entusiasma troppo.
Sono uno a cui piace conoscere la gente rotta.
Sono uno che si rompe in fretta della gente che non ha dubbi.
Sono uno a cui piace il silenzio senza gli imbarazzi del silenzio.
Sono uno a cui piace ascoltare il fondo del mare.
Sono uno a cui piace guardare il fondo del bicchiere.
Sono uno a cui piace toccare il fondo.
Risalire, anche risalire mi piace, ma per arrivare alla cima ci sono molte strade, e io sono ancora fermo all’incrocio.